E’ possibile immaginare una Smart City come una comunità amichevole, un luogo reso accogliente dalla tecnologia che abilita la creazione di una nuova generazione di servizi per i cittadini. Soluzioni per la mobilità, l’energia, i trasporti, la cultura, il turismo che grazie alla partecipazione degli utenti sono capaci di rispondere ai nostri bisogni concreti, quotidiani.
Per realizzare questa visione di comunità intelligente è necessario da una parte stimolare il dialogo costante con i cittadini-utenti per coinvolgerli attivamente nel processo di sviluppo, dall’altra definire delle reti di relazione e degli accordi tra i diversi attori dell’ecosistema, prima di tutto le giovani aziende innovative.
Negli ultimi anni si sta sviluppando un vero e proprio mercato delle Start Up in Italia anche se ancora limitato in dimensioni e valore rispetto ai maggiori Paesi del G8. Grazie a nuove norme e alla diffusione di un ampio spettro di strumenti, programmi d’incubazione e accelerazione, spazi di coworking e percorsi formativi specifici, sono censite nel 2014 più di duemila aziende iscritte al neonato registro delle imprese innovative.
Esiste un flusso di nuove idee di medio-alta qualità che possono contare su una buona offerta di accompagnamento per la prima fase di sviluppo ma si scontrano con la mancanza di un’offerta di capitale che ne supporti la crescita e soprattutto con la difficoltà di attivare partnership industriali, essenziali per raggiungere il loro primo mercato.
La questione del primo mercato è un problema centrale perché sono ancora poche le realtà industriali che lavorano in modo strutturato e stabile con giovani aziende, offrendogli l’occasione di testare e far crescere i propri prodotti. In assenza di questo fattore di crescita l’ecosistema innovativo nazionale è necessariamente affetto da una patologia che è particolarmente acuta in Italia ma diffusa in tutta Europa. E’ necessario stimolare nuovi processi di relazione tra il carattere giovane e dinamico delle Start Up e le realtà industriali che possono farle crescere.
Vi è un evidente allineamento d’incentivi in questo processo perché da una parte le giovani aziende possono testare sul campo i propri prodotti e dall’altra le grandi aziende accedono a un bacino di nuovi prodotti che non hanno un impatto diretto sulla propria struttura interna, almeno nel breve periodo. Il rischio diminuisce, si accelera il processo di approvvigionamento d’innovazione, si limitano gli effetti di un eventuale insuccesso e si comprime il tempo di valutazione. Un ulteriore elemento di novità, estremamente rilevante, è lo sviluppo di modelli di’innovazione sociale come strumento di corporate innovation, in particolare di modelli ibridi di corporate social responsability e innovazione sociale in grado di computare e valorizzare la capacità innovativa nella definizione della responsabilità sociale di un’impresa.
L’obiettivo è superare la logica di pura sussidiarietà con un’attitudine imprenditoriale che permetta di far crescere i progetti di giovani aziende che dimostrano di avere un reale impatto non solo economico ma anche sociale, il fenomeno è particolarmente evidente parlando di sostenibilità ambientale.
Fonte: Il Sole 24 Ore