Le nuove frontiere del reclutamento di talenti nella Silicon Valley diventano sempre più esigenti e precoci, gli inventori più ricercati da Apple e Google sono giovanissimi e stanno ancora frequentando le scuole medie. Un esercito crescente di adolescenti affolla le conferenze tecnologiche per presentare i loro brevetti, vincono competizioni internazionali, diffondono le loro app sugli smartphone.
Finiscono sul Wall Street Journal i migliori cervelli di questa nuova tenera fascia di età, milionari ancor prima di aver superato la pubertà. Il quotidiano economico ha intervistato in prima pagina Grant Goodman che a soli 14 anni ha già presentato il suo terzo brevetto di successo. L’anno scorso Apple decise che sui nuovi iPhone non ci sarebbe stato YouTube in dotazione, il ragazzo colse l’opportunità e inventò Prodigus, una app che consente di guardare video sull’iPhone, senza la pubblicità imposta da YouTube. Ha già costituito una società, la Macster Software, per gestire la sua attività da inventore. Sa mettere in competizione fra loro Apple e Google, cimentandosi con nuove app per tutti i loro prodotti tra cui ne ha brevettata una che serve a vedere il livello di carica della batteria dell’occhiale Google Glass, un minuscolo indicatore luminoso. Ha ideato anche un nuovo videogame. Questa è stata l’estate del suo addio alla scuola media, da questo settembre varcherà la soglia del liceo.
Si sono verificati casi perfino più precoci. Quando a giugno Google ha organizzato a San Francisco la sua conferenza annua I/O, dedicata a tutti gli inventori che sviluppano nuovi software e app, ha dovuto prevedere un apposito “programma giovani” con 200 partecipanti, i più piccoli tra loro avevano 11 anni. Per non essere meno competitiva dei rivali, nel reclutamento dei giovanissimi cervelli, Apple già nel 2012 cominciò ad abbassare l’età minima per essere ammessi alle sue conferenze di developer: dai 18 ai 13 anni e la metà delle borse di studio per partecipare gratis alle conferenze tecniche di Apple, riservate a veri professionisti, sono state vinte da minorenni.
La creatività di questi “enfant prodige” è ben remunerata. Google in un anno ha versato 5 miliardi di dollari agli inventori delle migliori app, mentre Apple addirittura il doppio: 10 miliardi. La giovane età comporta qualche limitazione legale, facilmente aggirabile. Per costituire una società bisogna essere maggiorenni, perciò alcuni di questi ragazzini intestano la propria azienda a genitori o nonni. Per definizione, i loro mestieri non conoscono frontiere: lo conferma la storia di Douglas Bumby (16 anni), la cui app JustGo! (cronometro per corridori) è già in vendita in tutti gli AppStore; Douglas che vive in Canada di recente si è trovato un partner agli antipodi, in Australia, il 17enne Jason Pan con cui hanno creato la società Apollo Research. E c’è il caso di Ahmed Fathi, un 15enne volato dall’Egitto alla Silicon Valley per partecipare alla conferenza degli inventori organizzata da Apple. Fathi ha imparato a programmare software e a creare app come autodidatta, seguendo un corso online su YouTube. Ha già inventato, brevettato e venduto ad Apple il suo Tweader, un’app che legge Twitter ad alta voce per chi sta guidando o pedalando in bicicletta.
Il filosofo francese Michel Serres, che insegna alla Stanford University in California, usa il personaggio delle favole Petit Poucet, cioè Pollicino, per descrivere la generazione mutante dei “nativi digitali” i cui pollici prensili viaggiano alla velocità della luce sul display del telefonino. “No country for old men”, non è un mondo per vecchi, così hanno anche tradotto le teorie di Serres sul potenziale rivoluzionario di queste generazione. Ora anche i ventenni devono guardarsi alle spalle, incalzati da un’obsolescenza già in agguato.
Fonte: La Repubblica